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Rubrica – articoli precedenti

Tra sogno e realtà

Aprile 2022

Il sogno nell’arte figurativa: 5 esempi famosi e non

Il sogno dei Magi (1130), di Gislebertus


Il bellissimo capitello si trova nella cattedrale di Autun (in Francia), dove due sono i capitelli rappresentanti i Magi: quello dell’adorazione e quello, appunto,
del sogno. Nella Bibbia sono ricorrenti gli episodi in cui i personaggi ricevono profezie o istruzioni tramite i sogni, motivo per cui anche in questo caso,
sebbene non ce ne sia menzione esatta nelle Sacre Scritture, i tre re vengono rappresentati tradizionalmente nell’atto di sognare le parole di un angelo, che li
avverte di non passare da Erode sulla strada del ritorno da Gesù bambino ai loro regni.
Divertente è notare come i tre uomini siano rappresentati con le loro corone in testa, sebbene addormentati, e sdraiati insieme sotto la medesima coperta,
come dei fratellini. Il motivo a cerchi concentrici della coperta, poi, è il dettaglio che attira di più l’attenzione.

 

 

Incubo (1781), di J. H. Füssli


Ecco un esempio di un quadro che può essere interpretato come inquietante o divertente a seconda dell’umore del fruitore. Utilizzato sovente come
materiale per memes su internet, è in realtà la rappresentazione di un incubo, che avverrebbe nella testa della donna addormentata. I due oggetti del suo
sogno sarebbero la giumenta e il mostro, che sarebbe ispirato ad un goblin o ad un gargoyle.
Secondo alcune interpretazioni il soggetto sarebbe non già quello dell’incubo, bensì l’orgasmo femminile, cammuffato in sonno per evitare scandalo e
censura.

 

 

L’urlo (1910), di Edvard Munch

Celeberrimo e citatissimo, non si poteva non citare il quadro più famoso del quasi altrettanto famoso pittore norvegese.

<Un dolore lancinante al petto. Mi fermai – mi appoggiai al parapetto, in preda a una stanchezza mortale. Lingue di fiamma come sangue coprivano il fiordo neroblu e la città. I miei amici continuarono a camminare – e io fui lasciato tremante di paura. E sentii un immenso urlo infinito attraversare la natura.>>

 

Il fauno Barberini (Tardo terzo secolo/inizio secondo secolo A.C.)


Il Fauno Barberini è un’antica scultura greca di epoca ellenistica che raffigura un satiro addormentato. Il soggetto è deducibile dalle dimensioni aumentate
del pene, dalle orecchie appuntite, dalla coda, dalla corona di edera e dalla pelle di pantera, elementi ricorrenti nella tradizionale rappresentazione dei fauni.
L’opera fu rinvenuta nel 1624 nei fossati del Castel Sant’Angelo e fu incorporata alla collezione del Cardinale Barberini, di cui prende il nome.
Successivamente fu restaurato più di una volta da diversi artisti, ognuno dei quasi cambiò la posa e aggiunse o rimosse i pezzi di stucco che costituivano gli
arti. Il restauro finale avvenne nel 1799.

 

 

 

 

Convesso e concavo – di Maurits Cornelis Escher (1955)

Non è raro che M. C. Escher utilizzasse tecniche “illusionistiche” nei suoi disegni, questo è anzi ciò per cui è più conosciuto. Esponente del movimento
surrealista, Escher realizza diverse litografie servendosi di illusioni ottiche, basate in questo specifico caso sull’assionometria isometrica, che rappresenta le
forme viste di 45° gradi, in modo che possano essere interpretate in una specie di “falsa prospettiva” da qualunque lato del foglio.

Margherita Pomponio

Fonti:

it.aleteia.org
wikipedia
I classici dell’arte – il Novecento – Munch, Rizzoli, Corriere della sera, 2004

 

 

Matilde T. tondo

Il pittore che visse tra sogno e realtà


La vita di ognuno di noi è caratterizzata da un’ambivalenza, quella di vivere nella realtà che ci circonda, ma immersi nei sogni che ci accompagnano, onnipresenti, senza mai abbandonarci, a volte fino ad alterare la percezione stessa che noi abbiamo della realtà.
C’è stato però un pittore nella storia, che ha fatto del sogno la sua arte, unendola alla vita. Quel pittore è Salvador Dalì, uomo dalla forte personalità, conosciuto per essere stato uno dei più grandi esponenti dell’arte surrealista, nonché fotografo, scenografo, scrittore e molto altro.
Le sue tele furono per lui il modo in cui esprimere la sua personalità eccentrica, nonché un rifugio da quel mondo brutale e opprimente che gli aveva portato via il fratello prima, e la madre dopo.
L’arte di Dalì si focalizza sull’irrazionalità dell’uomo, comprendendone fantasie, desideri e sogni, facendo dell’inconscio lo strumento di conoscenza dell’animo umano e di indagine della realtà.
Colui che lo ispirò nella rappresentazione ed indagine dei sogni fu Sigmund Freud, le cui teorie vennero scoperte da Dalì quando quest’ultimo si recò a Parigi, nel 1927.
Ritroviamo queste componenti in una delle sue opere più celebri: La persistenza della memoria. Nel dipinto è presente una forte influenza della teoria della relatività di Einstein, in cui la percezione del tempo, che si identifica con gli orologi, viene alterata dal liquefarsi degli stessi, trasmettendoci un senso di alterazione della realtà, accentuato dal paesaggio spoglio e cristallizzato. Il tempo ci viene mostrato come un concetto fortemente soggettivo in quanto condizionato dai nostri stati d’animo e dalla memoria, che col passare del tempo, perde forza e resistenza.
La particolarità di Dalì è la sua capacità di unire l’esperienza quotidiana ed elementi reali, come le proprie paure, la sessualità e i suoi oggetti preferiti, alla sua visione surrealista, facendoli diventare simboli eterni dell’essenza stessa del suo pensiero, creando un connubio tra realtà e sogno. Questa unione viene accentuata dal suo stile, definito iperrealista, il quale accentua il contrasto tra la rappresentazione attenta e minuziosa di oggetti che vengono però alterati dalla mente, mostrandoceli per come in realtà non sono, come ad esempio gli orologi molli (a cui abbiamo già accennato), o elefanti dalle gambe fini.
Un altro dipinto che esemplifica al meglio questo concetto è Sogno causato dal volo di un’ape intorno a una melagrana un attimo prima del risveglio. Il titolo suggerisce che l’evento sia frutto di un sogno, nel quale troviamo infatti diverse scene apparentemente scollegate, in un’associazione di immagini che rimarca la dimensione onirica. Il dipinto deriva infatti da un sogno che ebbe Gala, sua amante e musa, che possiamo notare rappresentata distesa al centro del dipinto. La visione sarebbe stata scatenata dal rumore di un’ape che, secondo la donna, volava intorno al suo orecchio durante il sonno. La puntura dell’ape si identifica con la baionetta che le tocca il braccio, mentre sul retro spiccano due tigri, una delle quali fuoriesce dalla bocca di un pesce, che a sua volta spunta da un melograno. Sullo sfondo troviamo un elefante con le zampe sottili che cammina sull’acqua trasportando un obelisco, creando un forte contrasto surreale tra quella che dovrebbe essere la pesantezza dell’animale e la leggerezza ed eleganza con cui lo vediamo muoversi.
Ma ciò che segnò definitivamente la vita dell’artista, fu la perdita della sua amata. Gala morì il 10 giugno 1982, e Dalì, caduto oramai in depressione, fece della sua dimora la propria prigione, dove poter contemplare i resti della moglie, chiusa in una teca di vetro. Qui arrivò quasi alla morte, per disidratazione prima e per un incendio da lui causato in seguito, acquisendo col tempo sintomi simili a quelli del parkinson.

Dalì morì di infarto nel 1989, dopo aver trascorso gli ultimi anni di vita senza proferire parola, con la consapevolezza di essere rimasto in una realtà che non gli apparteneva più e dalla quale col tempo si era estraniato completamente, fino ad immergersi in un sogno, stavolta eterno, in cui raggiungere finalmente la sua amata Gala.

Matilde Toni

Sitografia:
http://samanthacasella.com/2018/05/salvador-dali-linventore-dei-sogni/
http://blog.mondadoriportfolio.com/focus-on/salvador-dali-tra-sogno-e-realta/
http://cultstories.altervista.org/salvador-dali-reincarnazione-suo-fratello/
https://www.analisidellopera.it/salvador-dali-sogno-causato-

SOGNO O SON DESTO?

Oggi parliamo di un argomento che ha radici estremamente lontane, radici che hanno segnato la storia dell’uomo e che tutt’oggi ancora la comunità scientifica ha difficoltà nello spiegare: il sogno.
L’uomo ha sempre identificato il sogno come un qualcosa di misterioso: un messaggio divino? Una semplice attività del nostro cervello? Da sempre ne ha ricercato il significato. Gli egittologi hanno scoperto un libro in cui gli egizi interpretavano i simboli onirici. I Romani e i Greci credevano nel valore predittivo dei sogni, distinguendoli per precauzione in “sogni d’avorio” (quelli veritieri) e “sogni di corno” (quelli menzogneri). Da sempre il sogno è stato fonte di ispirazione per i grandi artisti. Quante volte la mattina ci siamo svegliati con un’idea geniale in testa e quante volte abbiamo sentito che il dormire aiuta a ricordare meglio le cose. Scientificamente è così. È un po’ paranoico dirlo, oppure futuristico – dipende dai punti di vista – ma immaginiamoci come dei computer: ogni tanto hanno bisogno di un riavvio per immagazzinare meglio le informazioni ricavate durante la giornata. E tutto questo, cosa ci incastra con il tema principale del sogno? È proprio durante questo riavvio, questo rimescolare e assorbire le nozioni del giorno appena passato che siamo in grado di sognare. Tuttavia, è ancora abbastanza lontano il capire il significato dei sogni.
Ci hanno provato, nell’ordine: indovini, poeti, psicanalisti e neuroscienziati fino ad ora, ma niente risultati.
Tuttavia qualcosa di scientifico è stato trovato. Cosa è stato scoperto? Hanno un significato o sono soltanto una serie di impulsi elettrici? 
Quando chiudiamo gli occhi perdiamo ogni contatto con la realtà, diventiamo spettatori, per quasi due ore a notte, di immagini fantastiche proprio come davanti a un film dall’impatto fortemente emotivo. I muscoli del corpo si paralizzano mentre il cervello, in corrispondenza di alcune precise fasi del sonno, torna a essere attivo proprio come nello stato di veglia. Tutto questo venne inizialmente ipotizzato dall’osservazione del sonno dei gatti dallo scienziato del sonno – esistono anche gli scienziati del sonno – William Dement (niente battute di cattivo gusto!). Questa ipotesi segnò una svolta colossale nella scienza dei sogni. Spiega Dement che i sogni cominciano a materializzarsi nella nostra testa durante quella che è identificata come fase R.E.M. (“rapid eye movement”). Il corpo è completamente paralizzato ma il nostro cervello è ben sveglio, gli occhi si muovono rapidamente e i sogni cominciano a presentarsi davanti a noi. Spiega Dement, ancora: “Ciò che sogniamo accade veramente nei nostri cervelli». È stato visto che se una persona sogna di essere presente e di assistere ad una partita di tennis i suoi occhi si spostano da sinistra a destra come farebbero nella realtà.

Ora, dal punto di vista scientifico il perché si sogna è stato scoperto. Rimane un dubbio: la mattina ci svegliamo e…non ci ricordiamo assolutamente nulla del sogno. Come mai?
Secondo alcuni ricercatori, può essere un meccanismo di protezione del cervello: rischieremmo altrimenti di confonderli con la realtà, con serie conseguenze per il benessere psichico di ognuno. Tralasciando il fatto metafisico, secondo molti studiosi, i sogni non sono altro che impulsi nervosi del tutto casuali. Grazie a strumenti, come la Pet (o Tomografia a emissione di positroni), siamo capaci di mappare le diverse aree del cervello. La fonte dei sogni sarebbe una scarica di impulsi nervosi che parte dal “ponte”, una piccola area alla base del cervello, e “attiva” le cellule della corteccia cerebrale (preposta alla maggior parte delle funzioni cerebrali superiori).
Un’altra teoria interessante prevede che i sogni si siano creati dalle scariche elettriche ma vadano ad interagire solo alcune cellule nervose, le più attive durante il giorno. Un esempio: se da svegli si è subìto uno spavento, di notte le zone cerebrali che controllano l’emozione della paura saranno le più reattive.
Una cosa è certa: sognare è necessario. A questa tesi si è giunti sperimentando su alcuni volontari la privazione di sogni: svegliate non appena iniziava in loro la fase Rem (quella in cui si sogna più intensamente) le cavie umane tendevano successivamente a compensare sognando di più. Un’ultima interessante teoria viene dai ruggenti anni ‘80 Francis Crick – vincitore del premio Nobel per la – e determinazione della struttura del Dna Graeme Mitchinson, proposero un’ipotesi innovativa: sogniamo per dimenticare. La fase Rem servirebbe a pulire il cervello da ricordi “sporchi”, informazioni inutili, fatti sconvolgenti o sgradevoli che potrebbero avere conseguenze negative, oppure connessioni neuronali indesiderate che si sono sviluppate durante il giorno. Le ipotesi dei due ricercatori, però, spiegano soltanto il perché dei sogni più bizzarri e assurdi (che i due consigliano addirittura di non ricordare e ricostruire).
Come avete potuto leggere, il sogno è un qualcosa di estremamente affascinante che ancora oggi dopo millenni di storia affascina l’uomo. Quest’ultimo sappiamo che è un animale estremamente curioso ma anche emotivo, possiamo quindi giungere alla conclusione che, possiamo studiare scientificamente i sogni ma rimarrà sempre quel fascino misterioso, quel significato mancato o sfuggito che solo il sogno sa dare.

Emanuele Mineccia

Fonti: focus.it